Il Covid? “Un leggero raffreddore”. Il vaccino? “Mai, neanche per i miei figli”. E tamponi, per lui, semplicemente non funzionano. “Ne ho fatti quattro in un giorno, due positivi e due negativi”. Elon Musk, imprenditore visionario in molti campi, con il coronavirus ha un rapporto non lontano dal negazionismo. Vedere il suo nome in un articolo scientifico sui titoli anticorpali e permanenza dell’immunità umorale, su una rivista prestigiosa come Nature Communications e accanto a famosi scienziati dell’università di Harvard, non può dunque che suscitare curiosità.
La ricerca di Nature punta a capire quanto, chi è guarito dal Covid, è protetto dalle reinfezioni. E per questo Musk ha messo a disposizione 4.300 dipendenti (tutti volontari) della sua azienda di navicelle e razzi spaziali, SpaceX. Ognuno di loro ha regalato una provetta di sangue alla scienza, per la misurazione degli anticorpi e ha riferito gli eventuali sintomi dell’infezione (il 61% ha detto di non essere andato oltre al banale raffreddore, non è chiaro se per evitare di contraddire il capo). In 120 avevano avuto il coronavirus, e non è chiaro per ragioni di privacy se anche Musk si sia offerto per il test e figuri fra i contagiati.
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18 Febbraio 2021
Né la ricerca di Harvard e SpaceX è riuscita a dare una risposta definitiva alle domande: chi guarisce è protetto? “Servono ulteriori ricerche” è la conclusione dello studio. I suoi risultati indicano che non basta avere anticorpi nel sangue. Questi anticorpi devono anche essere capaci di bloccare specifiche parti del virus, quelle che si legano ai recettori delle nostre cellule. Il padre delle auto elettriche Tesla e dei razzi che (secondo le previsioni di Elon Musk) ci porteranno su Marte, ha ancora bisogno di lavorare prima di fornirci la verità sul coronavirus.